La lezione-spettacolo “CantaCronache”, promossa dalla compagnia teatrale StivalaccioTeatro per la ricorrenza del centenario dalla nascita di Italo Calvino (1923-1985), affronta un viaggio nella vita e nelle opere di uno dei più grandi letterati del Novecento, attraverso le canzoni scritte dallo stesso autore.
Non tutti sanno infatti che, oltre ad essere autore di racconti e romanzi, Calvino si interessò molto al mondo del teatro, del cinema e della musica, al punto da collaborare come paroliere con un gruppo di musicisti-intellettuali e scrivere per loro i testi di diverse canzoni.
Sono brani realizzati tra il 1958 e il 1960, per il movimento Cantacronache, composto da musicisti, scrittori e poeti che mescolavano sapientemente musica e letteratura, impastandole in uno stile etico e civile che verrà più avanti condiviso e ricalcato da cantautori impegnati come Guccini, Tenco e De Andrè. I Cantacronache erano giovani che raccontavano il Paese da una prospettiva critica e anticonformista, con l’obiettivo di denunciare e protestare contro gli ingiusti fatti della vita reale. Essi mostravano l’altra faccia di un'Italia in pieno boom economico, opponendosi all’immagine spensierata ritratta nelle canzonette più leggere.
Diverse sono le tematiche che uniscono le canzoni dei Cantacronache con i romanzi e i racconti di Calvino, ad esempio la guerra e la Resistenza. Immediato è il parallelismo tra i testi, scritti dallo stesso Calvino, di Oltre il ponte o Dove vola l’avvoltoio, con i suoi primi lavori letterari, come Il sentiero dei nidi di Ragno dove egli racconta l’esperienza della esistenza, con elementi autobiografici, attraverso gli occhi di un bambino di dieci anni.
La canzone, come la letteratura, deve incidere sulla realtà e non invitare a distogliere lo sguardo su quello che accade. Bisogna tornare alla concretezza dei fatti, a chi lotta e muore per un ideale o per un lavoro. Ma come? Per Calvino la risposta è quella di trascendere la realtà, cambiando i punti di vista, e utilizzando un linguaggio fantastico-fiabesco, non come fuga ma come forma di battaglia.

“Chi scrive perché crede nelle cose, chi ha una sua guerra da combattere (..) ecco che costoro sono sempre ricorsi a mezzi di invenzione fantastica , a semplificazioni, a organizzazioni paradossali della realtà. La poesia popolare è sempre stata fantastica: le grandi spiegazioni del mondo sono sempre apparse come favole o utopie. Possiamo dire che chi accetta il mondo così com’è sarà scrittore naturalista, chi non vuole accettarlo com’è ma vuole spiegarlo e cambiarlo sarà scrittore favoloso”

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Crediti

di Sara Allevi e Chiara Cardea
con Sara Allevi e Pierdomenico Simone
produzione Stivalaccio Teatro
genere teatro di narrazione, teatro canzone
durata ’55
scenografia Alvise Romanzini
foto Anna Battistella